Solo il 10% delle aziende italiane vende online, nonostante una crescita del 15% degli acquisti online da parte degli italiani
Il settore degli acquisti online in Italia, nel 2019 supererà i 30 miliardi di euro, il 15% in più del 2018 e un +31% rispetto al 2017 , secondo le previsioni di Netcomm, tuttavia sono ancora poche le pmi che hanno sufficienti competenze per sfruttare questo non più nuovo business.
Gli italiani che acquistano online invece sono in forte crescita e il valore degli acquisti online è passato dai 16 miliardi di euro del 2015 ai 28 nel 2018, di cui 4 miliardi rappresentano le vendite verso clienti non residenti in Italia.
Stando alle previsioni, in solo 4 anni gli acquisti online sono raddoppiate, ma rappresenta solamente il 7% degli acquisti dei prodotti da parte del pubblico italiano.
Fanalino di coda in Europa
La media degli acquirenti online in Europa è stimata al 68%, mentre in Italia ci fermiamo solo al 44% della popolazione contro l’86% del popolo anglosassone.
Perchè siamo così lenti?
Anche a livello mondiale l’Europa è ultima nel settore delle vendite online.
Il problema italiano invece è una primordiale diffidenza e timore nei confronti delle transazioni online, il timore di una truffa è sempre nel pensiero di chi acquista, ma questa è dettata da una scarsa conoscenza e un’ignoranza cronica nonché pigrizia nel conoscere e imparare il nuovo, tipica della nostra cultura.
La diretta conseguenza è, come è stato in passato per eBay e PayPal, lo è oggi per AMAZON, che chi acquista online si rivolge unicamente all’offerta del leader nel commercio elettronico, pensando e ritenendo di risparmiare e invece non fa altro che alimentare gli interessi di una multinazionale residente in un paradiso fiscale, senza andare invece a privilegiare le aziende italiane che offrono prodotti a prezzi più bassi di AMAZON, ma che purtroppo non godono della medesima visibilità.
Perchè le aziende italiane non si propongono online?
Più difficile capire le motivazioni per le quali le pmi italiane non si affacciano a questo mercato in crescita, nonostante la massiccia presenza di aziende che propongono servizi qualificati per coadiuvare e fornire adeguata digitalizzazione alle imprese.
Occorre dire che nonostante il crescente numero di agenzie e freelance che offrono servizi per il commercio online, la qualità e l’ampiezza di offerte è di difficile comprensione da parte delle pmi, che si trovano differenze di prezzi con una forbice ampissima e rendono poco percepibile l’effettivo valore economico e qualitativo delle offerte, che spingono a rimandare la decisione o che scegliendo solo in base al costo, si ritrovano con servizi digitali non sufficienti ad una perfomance che le spinga ad investire in tale direzione.
Inoltre spesso le pmi vedono l’attività online come un ulteriore costo invece che un’estensione della propria entità, che ha un potenziale di crescita importante.
Le pmi e i piccoli imprenditori, costretti dalla crisi nei vari settori, a ridimensionare le proprie risorse anche in termini di personale, vedono come un aggravio, l’espansione verso il mondo online, perché ritengono, sbagliando, di dover assumere o impiegare risorse nuove per la gestione di tale ambito, non conoscendo quali sono le vere incombenze e i potenziali ricavi di questa opportunità.
Cosa potrebbe spingere le pmi imprese nell’espandersi al commercio online?
Il governo ha offerto negli anni diverse tipologie di sovvenzioni e contributi alle pmi che decidevano di fare un percorso di digitalizzazione, tuttavia questi contributi non sono mai stati concretamente e qualitativamente pubblicizzati o richiedevano comunque alle imprese un investimento iniziale importante e pochi hanno sfruttato queste opportunità
Altro discorso che non è solo italiano e che vale per tutte le imprese e non solo quelle che lavorano online, è una necessaria politica europea di armonizzazione e equiparazione in una tassazione omogenea, che non crei una impari concorrenza tra le aziende europee e tra i diversi Stati.
Ovviamente quanto sopra, seppur rappresenta una reale necessità, non è responsabilità delle pmi, che nonostante questa situazione globale, dovrebbero affrontare in modo serio e determinato la digitalizzazione della propria impresa, essendo un passaggio obbligato e indispensabile per poter sopravvivere e restare al passo dei tempi e delle nuove generazioni di consumatori.